“Tutti gli uomini di Le Carré” – In memoriam

A cura di Claudio Mattia Serafin (2020)

John Le Carré (1931-2020) è stato un celebre autore britannico di romanzi di spionaggio, famoso in tutto il mondo per i suoi best-seller e anche per la sua carriera di agente segreto nelle fila dei servizi segreti inglesi (SIS, Secret Intelligence Service).

Se si vuole partire dall’inizio – o se si preferisce dalla fine – Le Carré ha scritto la propria autobiografia (“Tiro al piccione”), un vero e proprio colpo di scena sia per gli appassionati che, più in generale, per il mondo della cultura, dell’editoria e della geopolitica. Il libro è composto da brevi capitoli contenenti episodi – alcuni dei quali anche molto garbati e divertenti – raccontati quasi in maniera casuale (tra i vari conobbe Alec Guinness, interprete di George Smiley ne la serie BBC dedicata alla saga dell’agente segreto).

A ogni modo, episodio centrale della vita del Nostro è costituito dall’esistenza di una talpa all’interno del suo ufficio (K. Philby, agente segreto vendutosi al KGB, servizi segreti russi), che bruciò tutte le posizioni ricoperte all’interno del servizio, autore compreso.

Il nesso tra la carriera nell’intelligence e quella letteraria è unico nel suo genere, ed è da rinvenire proprio in questo brusco cambiamento di vita e di professione. Indubbiamente uomo d’altri tempi, è chiaro che Le Carré non ha avuto difficoltà a far emergere la propria voce, la propria singolare vena letteraria: un misto di classicità e grande cinismo, sprezzo del contemporaneo, visto soprattutto come momento di transizione e di grande incomprensione da parte dei suoi principali attori politici.

Alla maniera dei grandi inglesi del passato (a partire da Shakespeare e tutto il teatro), è innegabile che Le Carré dipinge i potenti come inetti, a malapena in grado di compiere le mosse strategiche più elementari: fantocci manovrati da burocrati in possesso di poca e abbozzata competenza in più.

Dopo la pubblicazione della biografia e prima della scomparsa, Le Carré ha scritto altri due libri di narrativa, quantomeno bizzarri e difficilmente collocabili anche nel suo opus tradizionale, composto appunto da un’impressionante mole di romanzi (e questa sola suddetta autobiografia).

Tante interviste pubbliche rilasciate negli anni, che restituiscono una scarna ed elegante aneddotica (l’hobby del nuoto, il fastidio per i libri noiosi).

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Entrare nel vivo della narrazione di Le Carré è a mio avviso il modo migliore per comprendere il pensiero stratificato ma anche molto pop e intrigante del nostro autore.

Molti dei suoi romanzi, per vero, sono stati trasposti anche in film estremamente avvincenti e di buon successo commerciale, quando non anche di critica cinematografica.

La spia che venne dal freddo, trasposto nell’omonimo film in cui nella parte del protagonista recita Richard Burton, è un libro complesso, da seguire con attenzione, specie nella parte giudiziaria. Clamoroso finale in crescendo, la fuga. Nell’incipit fanno la loro comparsa Controllo e Smiley.

Un cardine nella sua letteratura (e relativa filmografia) è senz’altro dato dal capolavoro “La talpa”, romanzo del 1974 e trasposto in film nel 2011, per la regia di T. Alfredson, con Gary Oldman nella parte dei George Smiley, ruolo per il quale il versatile attore inglese ha ricevuto la prima nomination all’Oscar.

Il romanzo è dettagliato, serrato nella narrazione, enigmatico in moltissimi passaggi, quasi filosofici. Il film è straordinariamente ben diretto e recitato, ma anche molto complesso, tanto che molti spettatori si sono sentiti confusi (se non anche presi in giro) nella visione.

Il dizionario dei film Morandini avverte, benevolmente: “Bisogna saper rinunciare alla voglia di capire quel che sta succedendo per apprezzarne il clima minaccioso di grigiore, squallore, sospetto, sfiducia e malinconia e godersi gli attori”. E qualifica i personaggi come “mediocri burocrati che separano il dire dal fare, la verità dalla realtà”. Cerchiamo di capire il perché.

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Effettivamente il personaggio di Smiley presenta dei momenti contraddittori, all’insegna quasi del proverbiale non sequitur.

Non sempre chi ne osserva su carta (o vede sullo schermo) le gesta è in grado di capire cosa sta pensando o architettando il placido agente segreto. Spesso si muove lento da una stanza a un’altra, oppure passa la notte su scartoffie e conti correnti, senza che si intraveda in maniera chiara la decisione o l’intuizione cui è giunto.

Può essere considerato un antieroe?

In alcuni romanzi di Le Carré, Smiley fa solo brevi comparse. In altri è il protagonista indiscusso, sino a diventare personaggio centrale nella cd. Trilogia di Karla, costituita appunto da “La Talpa”, “L’onorevole scolaro” e “Tutti gli uomini di Smiley”, agrodolce e suggestivo volume che chiude le vicende di cui si accenna qui di seguito.

Smiley è ben piazzato, all’apparenza caratterialmente e intellettualmente mediocre, elegante nel vestire, ma appare comunque sciatto di fronte ai modaioli (a. e. Bill Haydon) o ad altri personaggi prestanti o presunti tali.

All’inizio del film La Talpa, ad esempio, viene licenziato (o meglio: cade in disgrazia assieme al suo capo, Controllo) e lasciato dalla moglie.

Lo si vede a casa, incravattato, che guarda speciali pomeridiani alla tv. Un sottosegretario arrivista, al servizio di un ministro vanesio, lo richiama in servizio, per capire chi sta facendo il doppio gioco, passando informazioni a un militare russo, tale Polyakov, marionetta nelle mani di Karla, antico nemico di Smiley: i due si sono conosciuti durante un interrogatorio e da allora hanno stabilito una sorta di legame, un filo rosso (che forse lega metaforicamente l’Occidente e la Russia…? Lo stesso Smiley ammette di combattere per obiettivi non diversi dai suoi, ossia la stentata manutenzione dei rispettivi “sistemi”).

Altri tratti inquietanti del protagonista: quando Smiley entra in una stanza, si percepisce la temperatura calare di dieci gradi. Quando è sul punto di individuare la “mela marcia”, George sa benissimo che l’amante russa, Irina, dell’agente “da lavoro sporco” Ricki Tarr è già deceduta: gliel’ha confermato l’ex agente, vittima di torture e ora insegnante elementare, Jim Prideaux, interpretato dal bravo Mark Strong. Eppure, sguardo di ghiaccio, Smiley non lo dice a Tarr, povero disgraziato col cuore spezzato.

Come a dire: “Mi hai insultato, mi hai detto ‘non voglio diventare come voi’, ti prendi gioco dei tuoi superiori”, eccetera.

Ed ecco che il belloccio viene punito così. Alla maniera di Smiley. Una maniera sottile e crudele. E, per certi versi, molto attuale.

Curiosa e toccante, a fini di analisi narrativa, è anche la scena finale, in cui Prideaux uccide Bill Haydon per risparmiargli le torture. Sulle note di “La mer” eseguita dal vivo da Julio Iglesias. Nel libro invece il suddetto Prideaux ricorre a un atto violento, forse per vendetta o chissà quale altro motivo. Forse per rabbia nei confronti dell’amico fraterno (e traditore).

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La nemesi di Smiley è appunto il russo Karla, omino dall’aspetto dimesso ma in realtà spietato, quasi senz’anima (oltre che senza volto).

Viene principalmente menzionato, come ogni antagonista che si rispetti (anche Saruman non compare mai, nei primi due volumi de Il Signore degli Anelli). E il sovietico Karla ha un punto debole costituito proprio dalla sua sfera personale. Proprio come Smiley, inetto e inadeguato come marito, tradito dalla moglie, Lady Ann Sercombe, nei confronti della quale (come anche dei colleghi, che lo dileggiano) fa sempre e comunque la figura del debole o dello sciocco. Lady Ann è una donna abbiente, dell’alta società, e guarda il marito dall’alto in basso. Torna da lui, considerandolo un porto sicuro, ma spesso perde testa e corpo per qualche fascinoso borghese, che conosce principalmente a eventi di gala.

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Dunque da smentire il fatto che Le Carré ci ha fatto vedere il grigiore dello spionaggio (un luogo comune per certi versi anche vero, ma da ampliare, capire). Perché i casi di Smiley sono tesissimi. Basta leggerli e si viene pervasi da una fortissima angoscia (letteraria) che è sociale, umana, aziendale (il Circus), politica. Il vuoto di senso che pervade le relazioni internazionali fasulle è devastante.

E infatti Le Carré sa anche colpire al cuore, svelare il nucleo profondo e depressivo degli intrighi da ufficio, le nevrosi da staff (ad esempio in “Yssa il buono”).

Anche ne “Il nostro traditore tipo”, un vero e proprio antieroe, il criminale russo Dima, si coalizza con una spia improvvisata, un professore di lettere inglese.

Si conoscono in vacanza: il russo, in realtà persona a suo modo integra, vittima dei veri violenti, signori delle armi della mafia russa, dovrà ricorrere alla sua memoria prodigiosa per ricordare i numeri di conto corrente sui quali si sta effettuando un vero e proprio riciclaggio di denaro sporco. E in questo brutto affare sono coinvolti (e quindi compromessi) i più alti livelli della politica inglese. Una trama davvero epica, memorabile, trasposta anche in un film ad alto impatto visivo, ottimamente recitato da Ewan McGregor e Stellan Skarsgård.

Cito questi due felici episodi narrativi per sottolineare che la saga moderna di Le Carré – comunemente nota come quella “post muro di Berlino” – è efficacissima; peccato quindi per la parte di critica che abbia voluto delegittimarla, o comunque definirla scialba e poco pungente. Anche qui, i cattivi sono i quintali di carta su cui sono stampati i conti correnti: dazioni per incarichi, mansioni, tradimenti tra colleghi, vite e professioni bruciate (ma senza morte o assassinio). Attualissimo.

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In conclusione, da qualunque lato si voglia esaminare il profilo del nostro autore –  carriera nell’intelligence, romanzi storici sulla guerra fredda, i thriller esistenziali dell’ultimo ventennio – risulta evidente che Le Carrè è davvero portatore dell’antico messaggio stoico, ma “all’inglese”. La situazione è questa, non ci si pieghi: non si combatta a vuoto, piuttosto si pensi e, soprattutto, si lavori (bene). La stupidità non è perdonabile, la cultura e la Storia sono utili (ma fino a un certo punto): essenziale rimane la molto umana punta di humour, vera arma segreta del grande scrittore inglese.

Bibliografia e sitografia

  • S. Di Marino, Guida al cinema di spionaggio, Odoya
  • J. Le Carré, Il nostro traditore tipo, Mondadori
  • J. Le Carré, La talpa, Mondadori
  • J. Le Carré, Tiro al piccione, Mondadori
  • J. Le Carré, Tutti gli uomini di Smiley, Mondadori
  • https://johnlecarre.com/
  • https://www.corriere.it/cultura/20_dicembre_13/morto-scrittore-john-carre-fe42c85a-3d8f-11eb-943e-95a1c9e91e01.shtml

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